In un suo recente articolo pubblicato online da Scienza in Rete, Pier Giuseppe Pelicci puntualizza la storia della scoperta di p66 e del ruolo di questa molecola come sensore di stress metabolici, con impatto vairabile sulla durata media della vita nei modelli nei quali l'esrpessione del gene è manipolata. L'intervento di Pelicci vuole essere una replica non polemica, ma articolata, al recente articolo sensazionalista di Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano, del quale diamo conto in una news recente, in cui l'autore insinuava che le scoperte di Pelicci fossero di dubbio valore scientifico ma gli fossero valse "lustro e carriera", oltre che visibilità pubblica....
Sempre su Scienza in Rete è apparsa una lettera, firmata da centinaia di scienziati Italiani operanti in Italia e all'estero, a difesa della scienza Italiana e di uno dei suoi protagonisti, per l'appunto Pier Giuseppe Pelicci. Alleghiamo a questa news la lettera, che vi invitiamo a leggere perchè ha una valenza generale a difesa dei principi etici e metodologici con cui opera la buona scienza di cui stiamo parlando. La lettera è stata inizialmente inviata con richiesta di pubblicazione al quotidiano che ha pubblicato l'articolo contro Pelicci e la sua scienza, ma la direzione e la redazione del quotidiano non hanno neppure risposto.
Nella sua linearità l'articolo di Pelicci dimostra a noi che siamo suoi "pari" il rigore e la "openness" del modo di procedere dello scienziato di fronte a una scoperta che ha implicazioni generali. Ma queste dimostrazioni sarebbero facilmente comprensibili dai non addetti ai lavori? Se proviamo per un attimo a credere alla buona fede di comunicatori della scienza come Barbacetto o altri, è anche a loro che dovrebbero essere indirizzati gli appelli e messaggi nei quali noi scienziati vorremmo persuadere il pubblico che investire denaro nella buona scienza è una strategia fondamentale per il progresso di una nazione.