CONTACT US
SIGN-IN
share
join us
profile
sign in
support us
contact us
Embrioni poliamorosi? Il trasferimento mitocondriale come sperimentalismo politico e sociale
by Luca Marelli
20 December 2016

È notizia recente che ad aprile 2016, in seguito a una procedura di fecondazione in vitro condotta presso una clinica messicana, è nato il primo bambino con tre genitori biologici, comunemente definito, con linguaggio evocativo, come three-parent baby. La procedura impiegata è stata quella del trasferimento mitocondriale, che permette di sostituire il DNA mitocondriale dell’oocita della madre (portatrice dei geni responsabili per la sindrome di Leigh) con quelli di una donna sana.

I genitori biologici sono una coppia giordana, e una donna di cui non è stata rivelata l’identità. Ad effettuare l’intervento è stato il team del dottor John Zhang del New Hope Ferility Center di New York. Nello specifico, apparentemente per volere della coppia, di religione musulmana, la tecnologia utilizzata è stata quella del Maternal Spindle Transfer (MST) – descritta qui di seguito – che non prevede la distruzione dello zigote. La scelta del Messico come luogo dell’intervento è invece dovuta al fatto che, ha dichiarato il medico, nel Paese centroamericano «non vi sono regole».

Sul versante regolatorio, la procedura è infatti vietata negli Stati Uniti, ancorchè caldeggiata dalla National Academy of Science, mentre è stata approvata di recente nel Regno Unito. In Messico, la riproduzione assistita non è attualmente regolamentata: tale evento, tuttavia, inseritosi nel contesto di un acceso dibattito parlamentare sulla riforma della Legge sanitaria nazionale, è venuto a configurarsi come un inaspettato assist politico all’implementazione di una legislazione di natura più restrittiva, che renderebbe fuori legge la tecnica della donazione mitocondriale.

Tuttavia, sebbene il dibattito sulla liceità morale di tale pratica si sia immediatamente focalizzato sulla questione della triplice genitorialità biologica, è curioso notare come esso non abbia in alcun modo problematizzato un altro aspetto ad essa intrinsecamente legato: l’atto della “donazione” mitocondriale da parte della «mito-mamma» (il copyright dell’(infelice) espressione è dell’Economist). Al pari dell’identità della donna, non è infatti dato al momento sapere se la “donazione” dell’oocita – una procedura che comporta pratiche invasive, quali, ad esempio, un’ingente somministrazione di ormoni (gonadotropine) – ha comportato, o meno, una transazione di tipo economico. Il fatto che il dottor Zhang operi nello stato di New York, in cui la “donazione” di oociti è retribuita (e tassata di conseguenza), farebbe propendere per l’ipotesi affermativa. In questo caso, si tratterebbe di notare, analogamente a quanto ben descritto da Catherine Waldby e Melinda Cooper in Biolavoro globale, come il corpo della donna si configuri come fonte di un duplice plusvalore: tanto di vitalità, con la messa a disposizione (vendita) dell’oocita, quanto, per ciò stesso, economico. Con tutte le evidenti problematiche che ciò comporta, inerenti soprattutto le condizioni di vita di una "manodopera clinica", quali le giovani donne che più hanno necessità di ricorrere agli introiti derivanti da tale pratica, sottoposta agli imperativi di profitto del turbocapitalismo contemporaneo.

Il contesto regolatorio: il Regno Unito fa da (contestato) apripista

Evento che ha riscosso un notevole clamore mediatico, la nascita del primo three-parent baby attraverso il trasferimento mitocondriale è ultimo – e più eclatante – nella serie degli sviluppi sociali e politici che hanno caratterizzato il “cammino dell’innovazione” di tale tecnologia nel corso dell’ultimo quinquennio.

Il Regno Unito, in particolare, ha svolto un ruolo centrale di apripista. Nel giugno di quest’anno, un gruppo di scienziati britannici, guidati da Douglass Turnbull – contestualmente nominato baronetto – e Mary Herbert della Newcastle University, ha pubblicato i risultati di una ricerca volta a verificare la sicurezza della tecnica chiamata Pro-Nuclear Transfer (PNT), e alternativa al MST, come richiesto dalla Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) in vista di un suo possibile impiego terapeutico nel Regno Unito.

Fatto a cui i media inglesi e l’establishment scientifico del Regno Unito hanno dato grande risalto, esso ha invece sollevato una serie di polemiche negli Stati Uniti, in cui molti ricercatori, sulla base di una serie di studi, primi fra tutti quelli condotti da uno dei massimi esperti di trasferimento nucleare, Dieter Egli della New York Stem Cell Foundation, hanno espresso forti dubbi sull’effettiva sicurezza della procedura. In particolare, Egli e colleghi hanno mostrato, in una recente pubblicazione, come anche una piccola quantità rimanente di DNA mitocondriale proveniente dall’oocita materno possa condurre a una reversione genetica. In aggiunta, alcuni scienziati, tra cui Klaus Reinhardt dell'Università di Tubinga e Paul Knoepfler dell'Università della California, animatore del seguitissimo blog ipscell.com, hanno espresso dubbi sulla robustezza del protocollo sperimentale, manifestando preoccupazioni riguardo a possibili incompatibilità tra il genoma nucleare e quello mitocondriale del donatore.

Gli sviluppi legislativi nel Regno Unito seguono la decisione del febbraio 2015 della House of Lords di legalizzare la procedura della donazione mitocondriale, approvando un emendamento allo Human Fertilization and Embryology Act del 1990 che proibiva trattamenti di fertilizzazione in vitro che introducessero modificazioni genetiche nei gameti. Il provvedimento, denominato Human Fertilisation and Embryology (Mitochondrial Donation) Regulations 2015, si applica nei casi in cui vi sia il rischio che un oocita sia portatore di anomalie causate dal suo DNA mitocondriale, così da esporre il nascituro a un rischio significativo che tali mutazioni possano condurre all'insorgenza di una malattia mitocondriale. In tali casi, la legge prevede la possibilità di ricorrere alla donazione di oociti da parte di una donatrice sana.

Tale provvedimento, ampiamente commentato, approfondito e discusso dalla stampa d'oltremanica, per via della sua portata tanto innovativa quanto simbolica, ha fatto del Regno Unito – dopo che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha di fatto proibito il trasferimento di citoplasma, attraverso cui il DNA mitocondriale viene trasmesso (Cohen et al. 1997), nel 2002 – il primo paese al mondo a rendere possibile il concepimento di three–parents babies.

Il trasferimento mitocondriale

La tecnica del trasferimento mitocondriale – definita comunemente in analogia al cambiamento delle pile della macchina fotografica o della batteria dell'auto (per via del ruolo fondamentale dei mitocondri nella produzione di ATP) – costituisce un intervento clinico teso a prevenire il manifestarsi di un largo spettro di patologie ereditarie causate da mutazioni del genoma mitocondriale. Tali patologie sono trasmissibili unicamente per via materna, sono associate a sintomi clinici eterogenei, ma per lo più severi, e tendono ad interessare organi e tessuti ad alto consumo energetico, quali cervello, cuore, fegato, muscoli. Ad oggi, sono state identificate più di 250 mutazioni, puntiformi e di grandi dimensioni, responsabili dell'insorgere di tali malattie (tra cui ricordiamo le sindromi di Barth e di Leigh, ma anche patologie più comuni come diabete e Parkinson's) che, secondo stime recenti, riguardano un nato ogni 5.000–10.000 (Mitalipov & Wolf 2014; Amato et al. 2014).

Allo stadio attuale della ricerca, non sono stati raggiunti risultati apprezzabili nella cura di tali patologie. L'unica soluzione, pertanto, che coniughi il mantenimento della genitorialità genetica con la sanità del feto, consiste nella messa in atto di interventi preventivi che impediscano la trasmissione della malattia attraverso terapie di modificazione genetica – è bene notarlo – della linea germinale. In particolare, due diversi approcci sono stati sviluppati in tempi recenti (Tachibana et al. 2009; Craven et al. 2010), sulla scorta di ricerche iniziate su modelli murini negli anni '80. Si tratta del Maternal Spindle Transfer (MST) e Pronuclear Transfer (PNT), proposti, rispettivamente, dal gruppo di Shoukrat Mitalipov dell'università dell'Oregon nel 2009 e da quello di Douglass Turnbull dell'università di Newcastle nel 2010 (quest'ultimo, lo ribadiamo, è stata una figura di primo piano nel dibattito pubblico che ha preceduto l'approvazione della legge nel Regno Unito). In entrambi i casi, la sostituzione di DNA mitocondriale consente di evitare la trasmissione della malattia attraverso la donazione di un oocita da parte di una donatrice sana.

 

In sintesi, le differenti procedure sono le seguenti. Nel caso del MST, tecnicamente meno complesso, il nucleo dell'oocita materno viene rimosso, e trasferito in quello, precedentemente enucleato, della donatrice sana. Il nuovo oocita così ricostituito sarà dunque composto dal DNA nucleare della madre, comprendente il 99,8% di tutti i geni del genoma, più il DNA mitocondriale della donatrice sana. L'oocita è in seguito fertilizzato dallo sperma paterno, e quindi reimpiantato nell'utero della madre, similmente a come accade nelle procedure di fecondazione in vitro. Nel caso del PNT, sia l'oocita della madre che quello della donatrice sana sono fertilizzati dallo sperma paterno. Prima della fusione, tuttavia, la coppia di pronuclei dell’oocita contenente mutazioni nel DNA mitocondriale è rimossa, e trasferita nell'oocita, parimenti enucleato, della donatrice sana. Il risultante zigote è quindi pronto a svilupparsi in embrione, una volta impiantato nell'utero materno. Attraverso entrambe le procedure, l'embrione così ottenuto mantiene il legame genetico con i genitori, senza tuttavia riportare le mutazioni – potenzialmente patogeniche – del DNA mitocondriale.

Intraprendenza politica

Ciò che rende l'avvenimento britannico un'innovazione particolarmente saliente è, innanzitutto, il suo carattere ibrido risultante dalla convergenza di intraprendenza politica e progressi a livello tecno–scientifico. Lungi dal fornire munizioni al logoro schema interpretativo per cui la scienza innova, e la società e le sue istituzioni, arrancando, si configurano come mero ricettacolo dei prodotti di tale innovazione, esso mostra piuttosto come importanti sviluppi nell'ambito della biomedicina e delle pratiche sociali ad essa correlata derivino dal reciproco coinvolgimento di una pletora di attori politici e scientifici. Ossia, in altre parole, dall'allineamento di due ambiti di innovazione che si supportano vicendevolmente: quello scientifico e quello socio–politico.

Gli sviluppi legislativi del Regno Unito sono, al riguardo, paradigmatici. Essi avvengono infatti a seguito di un ampio coinvolgimento di istituzioni, quali il Nuffield Council on Bioethics e la UK Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA), chiamati a fornire una legittimazione etica di tale pratica terapeutica che fosse funzionale sia a contrastare un non marginale scetticismo tanto nella comunità scientifica quanto in ambienti politici, sia a garantire la sua stabilizzazione sociale. Ad esempio, in un Paese in prima linea nell'innovazione biomedica, gli Stati Uniti, la FDA ha manifestato l'intenzione di ritardare il processo di approvazione della procedura per almeno 3–5 anni, in attesa di ulteriori dati che attestino la sicurezza di tale tecnologia.

Nel Regno Unito, al contrario, tanto il ricorso programmatico a strumenti di governance istituzionalizzati (aventi il ruolo di arginare sul nascere le possibili controversie derivanti dalla destabilizzazione sociale causata dall'emergere di nuove biotecnologie), quanto la loro convergenza nell'operare un framing della nuova tecnologia che ne smussasse le asperità etiche e sociali (ad esempio rigettando risolutamente, come si legge nel documento del Nuffield Council, gli argomenti tesi ad identificare la figura di donatore di DNA mitocondriale e quella di genitore), hanno condotto all'approvazione di un provvedimento legislativo che apre così la strada allo sviluppo di tale pratica terapeutica.

Sperimentalismo sociale

D'altro canto – ed è questo un secondo motivo di indubbio interesse – la donazione mitocondriale costituisce qualcosa di più di un importante avanzamento a livello biotecnologico. Laddove i commentatori si sono per lo più concentrati sulle opportunità terapeutiche o sulle implicazioni più propriamente etiche del provvedimento legislativo britannico (quali ad esempio un paventato rischio di deriva eugenetica), non può infatti sfuggire all'osservatore attento, quand'anche sufficientemente smaliziato, l'innovazione sociale che l'evento in questione presenta, sebbene ancora in nuce. Nelle società contemporanee in cui i legami sociali, dissoltasi la «sostanza etica» che tradizionalmente li legittimava, trovano un (pur sempre parziale e provvisorio) fondamento di senso e avvallo sociale nel loro sostrato genetico, tale innovazione reca in sé la possibilità di sdoganare, nell'immaginario collettivo, un modo alternativo di intendere le relazioni affettive, fornendo di fatto i presupposti genetici per la legittimazione sociale di stili di vita alternativi.

É, questo (in ottica marcatamente distante dalle conclusioni cui era giunto il Nuffield Council), ciò cui allude visivamente la cover di uno speciale di Nature, dedicato alle sfide, tecniche e regolative, inerenti la donazione mitocondriale, laddove tre simboli d'identità di genere, due femminili e uno maschile, saldamente intrecciati tra loro, campeggiano sul titolo The power of THREE.

Più esplicitamente, è quanto osservano – in maniera convergente e quindi ancor più significativa – tanto commentatori di un social network come Reddit (in cui tra i vari commenti possiamo leggere che «[questa legislazione] apre la strada all'idea di multi–genitorialità, che a sua volta prepara il terreno al poliamore, aggiungendo un ulteriore tassello alla sua legittimità»), quanto alcuni tra i più autorevoli esponenti del dibattito bioetico contemporaneo, che in un articolo apparso sul Journal of Medical Ethics notano come, ad oggi, la sostituzione di DNA mitocondriale rappresenti l'unica opzione disponibile «per tre o più individui che volessero condividere una genitorialità genetica» (Palacios–Gonzales et al. 2014, p. 5).

A queste conclusioni essi giungono anche sulla base di quanto sostenuto da alcuni studi sperimentali, che hanno avanzato l’ipotesi di un legame diretto tra DNA mitocondriale e funzioni cognitive. Con ciò, si tratterebbe infatti di osservare come, lungi dall’essere il sostrato genetico meramente preposto alla produzione delle “centrali energetiche” dell’organismo, il DNA mitocondriale possa essere implicato nella definizione di caratteristiche del fenotipo umano intrinsecamente legate con l’identità più propria della persona. Ed è questa caratteristica a corroborare l’idea che la triplice genitorialità genetica possa avere anche una valenza sociale.

Assumendo, in conclusione, quanto tali autori scrivono riguardo alle implicazioni etiche e alle prospettive sociali aperte dalla derivazione di gameti tramite riprogrammazione cellulare (un possibile sviluppo dalla portata sociale ancora più dirompente della donazione mitocondriale), va sottolineato, anche e innanzitutto per questa innovazione socio–tecnica, come essa possa ben essere considerata un esempio rilevante nella co–produzione di un pluralismo biotecnologico, in cui le aspettative di carattere valoriale e normativo, riguardo alla sfera delle relazioni affettive e della genitorialità, si servono attivamente dei progressi delle biotecnologie per rendere attualizzabili stili di vita da alcuni potenzialmente desiderabili, ma non ancora possibili.

 

 
European Institute of Oncology (IEO)
Post-Doctoral Fellow
HASH(0x55a98a406288)